Ascensore, l’invenzione che ha cambiato il mondo

Ascensore, che magnifica invenzione! Un mezzo di trasporto (se vogliamo definirlo così) che ci risparmia tanta fatica, a cui non facciamo neanche più caso tanto siamo abituati a usarlo. Ci avete mai pensato? Patrick Carrajat, il fondatore del museo di New York a esso dedicato, è convinto che abbia addirittura cambiato il mondo: “Senza l’ascensore – spiega – esisterebbero solo sterminate metropoli in continuo sviluppo orizzontale, dove spostarsi da una zona all’altra non sarebbe certo una semplice “passeggiata”. Per conoscere nei dettagli questa e altre curiosità, ripercorriamo la storia fin dall’inizio.

Ascensore, l'invenzione che ha cambiato il mondo
Ascensore: fonte Pixabay

L’Esposizione universale

Diversi dispositivi, con corde e verricelli azionati sia dagli uomini che da animali, sono stati usati fin dai tempi più antichi. Per capire come siamo arrivati all’attuale ascensore, facciamo un salto indietro nel tempo. Siamo a New York,  Esposizione Universale 1853, dove a un certo punto succede qualcosa di incredibile. Un signore (Elisha Otis, brillante imprenditore e inventore americano) salì su un montacarichi, recise di netto le corde di sostegno e, invece di sfracellarsi, si fermò a pochi metri dal suolo.

Quell’uomo era l’inventore del cosiddetto “paracadute” di sicurezza, un particolare meccanismo che entra in funzione quando l’ascensore va troppo veloce. In pratica, in caso di eventuali rischi, scatta una molla e aziona due cunei che, infilandosi nelle guide di scorrimento, bloccano la discesa.

Il primo ascensore a New York

Fu in quel momento che, da semplice montacarichi, diventò ascensore. Un mezzo sicuro anche per il trasporto delle persone. Il primo utilizzato per i passeggeri (23 marzo 1857) fu installato in un grande magazzino di New York dalla Oris, velocità circa 12 metri al minuto. Due anni più tardi, nel 1859, l’imprenditore Bogardus (su progetto di John P. Gaynord) realizzò l’Haughwout Building. il primo edificio dotato di ascensore per i passeggeri.

All’inizio erano considerati più o meno come “stanze mobili”, complete di arredamento: panche, sedie, moquette sul pavimento, morbidi divanetti e preziosi lampadari abbellivano e rendevano confortevole il “viaggio” dei passeggeri verso i piani alti degli edifici. Oggi invece sono decisamente più semplici e funzionali, per chiamarlo al piano basta pigiare un bottone, mentre allora (fino al 1924) si urlava a squarciagola per richiamare l’attenzione del manovratore.

Ascensore: in caso di incidente che fare?

Cabine che precipitano nel vuoto, urla di terrore, cavi che si spezzano e schianto finale: quante volte, nei film di genere catastrofico, abbiamo visto queste apocalittiche scene?  Per molti è un vero e proprio incubo, nella realtà invece si tratta di una ipotesi molto remota. Tanto per dare dei numeri, rispetto alle scale mobili l’ascensore è 21 volte più sicuro, grazie a meccanismi di sicurezza che rendono praticamente impossibili gli incidenti.

Tuttavia, poniamo l’ipotesi che si materializzi il peggiore degli incubi, ad esempio per un attacco terroristico o un terremoto devastante: che fare, in tal caso?  Risponde l’esperto Eliot H. Frank: “Il gesto più istintivo, accovacciarsi a terra, è altamente sconsigliabile perchè rischia di provocare lesioni gravissime, sia alle ginocchia che alla colonna vertebrale”. “Molti invece pensano di spiccare un salto in alto prima dell’impatto al suolo, per compensare la velocità di caduta; ma anche se ci riuscite – aggiunge l’esperto – vi procurereste gravissime ferite sbattendo con violenza la testa contro il soffitto!”

Quante probabilità di sopravvivenza?

Allora qual è la cosa giusta da fare? Le probabilità di sopravvivenza sono più alte solo se vi sdraiate a pancia in su, coprendo la testa con le braccia per proteggervi dai detriti. Nel contempo dovrete aderire al pavimento con la maggior superficie possibile del corpo. Una scelta che richiede un sangue freddo che pochi riescono ad avere in determinate circostanze, ma è l’unica che potrebbe salvarvi la vita: al momento cruciale, infatti, la forza dell’impatto sarebbe distribuita sull’intero corpo, diminuendo così il rischio di procurarvi fratture e mortali lesioni interne.

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