Nel regno di Morfeo: leggende e curiosità sul Dio dei sogni

Nel regno di Morfeo: leggende e curiosità sul Dio dei sogni

Morfeo, figlio di Ipno (Divinità del sonno) e di Nys (la Notte), presso gli antichi greci era il Dio dei sogni. Ma i greci non furono i soli a considerarli così preziosi da avere un loro Dio specifico. Tutte le civiltà, da quella egiziana alla mesopotamica, dalle orientali alle tribali, infatti elaborarono diverse teorie sull’utilizzo e il significato dei sogni, spaziando da quella profetica – mistica, fino ad arrivare a quella analitica e medica.

Sogni
Nel regno di Morfeo: miti, leggende e curiosità sui sogni

Nel regno di Morfeo, Dio dei sogni

Anche nell’Antico Testamento i sogni hanno una grande importanza. Infatti, insieme alle visioni, sono un mezzo che Dio utilizza per manifestare la sua volontà ai profeti. La stessa cosa pensavano i greci che, però, li dividevano in “piccoli” e “grandi”. I primi riguardavano solo il sognatore e la sua vita privata, mentre i secondi trasmettevano informazioni per tutta la comunità che dovevano essere discusse in assemblee pubbliche.

C’erano inoltre gli “esperti”, ovvero sacerdoti e sacerdotesse, che aiutavano il sognatore a decifrare i simboli e le situazioni vissute nel mondo di Morfeo. Quando poi qualcuno voleva avere, attraverso il sogno, un contatto con un Dio particolare – ad esempio, un consiglio da Esculapio (Dio della medicina) in caso di malattia – chiedeva il permesso di dormire nel suo tempio. In quel luogo, spesso eretti in punti geograficamente ricchi di energia, l’uomo lo pregava di dargli in sogno le risposte giuste ai suoi problemi.

I pellerossa si comportavano allo stesso modo ma, invece del tempio, avevano interi territori considerati sacri (famose le Black Hills, le colline nere dei Sioux). In quei luoghi si recavano per meditare, digiunare e chiedere al Dio dei sogni una “visione” durante il sonno. Come dice un antico proverbio della tribù degli Ojibwa: “Nessun uomo sarà mai se stesso, se non ha ancora avuto la propria visione”, cioè il suo contatto con il mondo divino attraverso il sogno.

Anche i Kiwai, nella lontana Oceania, procedevano nello stesso modo: quando avevano bisogno di consiglio e aiuto, si recavano nel luogo dedicato a qualche essere mistico e lì dormivano, sperando in una sua apparizione in sogno.

La nostra tradizione popolare

Anche se la scienza ha trovato molte risposte, i sogni sono un mondo affascinante pieno di misteri e in parte ancora inspiegabile. La psicanalisi si è addentrata nel labirinto onirico, ma come scienza medica si occupa principalmente di “pazienti” e li utilizza come mezzo per capire disturbi e malattie.

La nostra tradizione popolare invece si muove con più leggerezza, pur restando con i piedi ben saldi sul terreno della concretezza. La sua interpretazione dei sogni, che all’inizio era orale (e forse per questo a volte contradditoria, da regione a regione), ha lo stesso sapore surreale, però è basata su immagini note, conosciute, quotidiane.

Ed è anche ironica, adottando spesso “la legge del contrario” (il valore di ciò che appare nel sogno si capovolge nella realtà) e appena può, prende in giro il sognatore e con lui, anche se stessa. Freud ha detto: “In ogni epoca coloro che avevano qualcosa da dire, per evitare ogni pericolo, si mettevano in testa il berretto del buffone”.

Se poi ci scappa qualche numero giusto da giocare al lotto, che male c’é? E allora continuiamo a sognare: forse l’unica cosa bella e gratuita che ci resta, in un mondo in cui tutto ha un prezzo, e le cose belle sono sempre più rare.

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