Il rifugio 87 memoria storica di Milano
Eventi lontani che conosco solo grazie ai documentari, o ai ricordi di mia madre – bambina nel ’43 – e di altre persone; altre, che nella tragedia recitavano passi insospettabili del paradiso dantesco. Forse un modo di esorcizzare la forte tensione, oppure un tentativo di cercare quella libertà che era speranza, desiderio, incrollabile fede.
Molte di quelle persone sono ormai scomparse. Alcuni edifici, però, hanno ancora la scritta “Rifugio” sul portone d’ingresso, testimonianza di quei drammatici momenti: uno di questi, un vero e proprio memoriale, è nei sotterranei della scuola elementare di viale Bodio, restaurato e aperto al pubblico: il “Rifugio 87”.
La popolazione veniva avvisata del pericolo imminente da un primo allarme aereo – con la sirena – trenta minuti circa prima dell’attacco. La seconda sirena, di grande allarme, precedeva di pochi minuti i grappoli esplosivi. I cittadini avevano, almeno in teoria, il tempo di raggiungere le cantine rifugio (nei palazzi predisposti, comunque attrezzati al caso) o i sotterranei più vicini. Durante gli attacchi i portinai avevano il compito di aprire i portoni e permettere, così, a chi restava sorpreso dall’incursione di trovare riparo.
Oggi, guardando questa città così moderna, nessuno può immaginare com’era ridotta nel 43
Tutt’attorno, spettrali, le serrande dei negozi divelte, spazzate via dai proiettili vomitati dal cielo; le finestre erano come occhiaie vuote attraverso cui si vedeva appena penzolare lampadari, mura in procinto di crollare, l’interno di camere ricoperte di tappezzeria annerita e bruciata. Perfino i tram erano rovesciati sull’asfalto, come giocattoli lanciati via da un bambino capriccioso; e tratti di scale rimaste miracolosamente intere, sbucavano sul vuoto…
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